Auguri su Facebook

In questo periodo di sbornia da festività, da alcol consumato nelle festività, da furiosa circolazioni di auguri per il Sol Invictus e per quell’altra celebrazione idiota della nostra prigione temporale, per cui tutti brindano al trasferimento alla cella numero 2012, ho preso anch’io una sbornia. Quando ho letto le seguenti parole sul blog di Nicholas Carr:

I programmatori del web commerciale hanno sempre visto come proprio obiettivo l’annullamento di distanza e ritardo nelle transazioni; e quest’obiettivo ha, non sorprendentemente, plasmato i social network. Ma, se spinta troppo in là, la minimizzazione del costo di transazione nelle relazioni personali finisce con l’avere l’effetto di ridurre queste relazioni a mere transazioni. L’intimità senza distanza non è intimità, e la condivisione  senza ritardo non è condivisione. Le qualità dell’affettuosità diventano, alla fine, forme di commercio. “La linea retta,” continua Adorno, come se stesse spiegando, sessant’anni prima, lo schema sociale di Facebook, “è ora considerata come la distanza più breve tra due persone, come se fossero due punti.”

Gli auguri tramite Facebook o sms sono l’esempio più lampante, specie se negli splendidi “messaggi di massa”. I progressisti della condivisione su internet pensavano che quando la forma sarebbe stata eliminata da tutte le transazioni (quando non ci si sarebbe più alzati il cappello incontrando qualcuno, quando non si avrebbe più mandato email firmandosi) allora l’uomo avrebbe potuto godere di una stato perenne di intimità senza passare dai giochi, allora egli avrebbe avuto delle relazioni sempre soddisfacenti. Per quanto l’esplosione dei social network abbia evidenziato la voglia dell’essere umano di gingillarsi con questa possibilità, la strada del declino è già segnata perché le relazioni che ne sono derivate, alla fine, non soddisfano. Il fallimento di Google+ deve far pensare a questo riguardo: è il segno che il gran premio della montagna è ormai stato scavalcato.

Eric Berne era sicuramente convinto che i giochi andassero combattutti quando essi ostacolano l’intimità, ma dalla consapevolezza del singolo individuo, non per decreto di una qualche istutizione. Il filtro dei giochi è ancora necessario alla vita dell’umanità in blocco. “L’estraniazione si manifesta esattamente nell’eliminazione della distanza tra le persone”, conclude Thomas Adorno.

 

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