In morte di mia nonna

È poco più di un mese che mia nonna è morta, dopo essere stata in coma per quattro settimane. È stata una cosa improvvisa, come è giusto che sia. È stata nel pieno delle forze fino a un secondo prima di entrare in coma. Ogni tanto avevo fatto l’esercizio mentale di immaginare la sua morte, per vedere le sensazioni e i cambiamenti conseguenti alla sua scomparsa. Ma abbandonavo velocemente quell’esercizio, perché quel giorno mi sembrava  lontano. E invece non era così. Oggi, con un po’ di distanza, posso dire che tutto mi sembra giusto e perfetto. Mia nonna non poteva scegliere momento migliore per andarsene.

Il suo gesto è stato di una generosità immensa. Tutto quello che mi poteva dare, dopo ormai venticinque anni che abbiamo vissuti insieme, me l’aveva già dato. Mi ha insegnato molto. E adesso mi lascia a vivere la mia vita da solo. Non ho rimpianti e penso che, se fosse qui, non ne avrebbe nemmeno lei. Un sacco di storie e di episodi riaffiorano alla memoria. Sono stato ore ad ascoltare i suoi racconti della guerra — a dir la verità molto confusionari.

Voglio ricordarne solo uno. Parlava ogni tanto di quel 10 giugno 1940, la dichiarazione di guerra che lei e sua mamma ascoltarono alla radio. Aveva due parole in particolare per descrivere la folla che acclamava il Duce mentre veniva a conoscenza dell’entrata in guerra: tutti studenti. Detto a uno che è uno studente, fa effetto. Tutti studenti. Io cerco di tradurre, e quindi dico: persone vittime di un sistema di credenze. Che vogliono il trionfo e la gloria facendo l’esperienza della guerra, però senza fare esperienza diretta del dolore, del fango e della morte. Che vogliono usare qualcun altro per fare questa esperienza al posto loro. Un po’ come — facendo un salto fuori luogo e per di più errato a livello cosmogonico — come quando Malanga afferma che l’Uomo Primo ha creato l’uomo per metterci dentro Anima e farle fare l’esperienza della morte, perché lui quell’esperienza non la voleva fare.

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Forse l’unico vero rimpianto è non essere stato abbastanza accanto a lei mentre era ancora viva, ma in coma. È un vero privilegio essere accanto a una persona cara che è in quelle condizioni. Se hai il coraggio di lasciarti penetrare dall’essenza della situazione, tutte le stupidaggini e le trivialità del mondo scompaiono di fronte a una persona in mezzo tra la vita e la morte. In quel momento guadagni la possibilità di vedere la vita per quello che veramente è, un’avventura su questo piccolo piano materiale tra l’immensa molteplicità dei mondi, nel grande ciclo della creazione.

È un utile esercizio pensare che mia nonna sia ancora lì, in coma su quel letto d’ospedale, quando l’anima carnale mi trascina giù. Di sicuro ci sono un sacco di persone nel mondo in quella condizione, anche se non le conosco. Un antidoto sicuro all’attaccamento verso la materia; chi lo beve tutti i giorni è re.

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