L’OCCIDENTE CHE NON DISTINGUE
UN DITTATORE AFRICANO DA UN CITTADINO AFRICANO.

“Questa gente (leader
ed élite africani) non fa altro che parlare,
parlare, parlare. Quando poi riesce a ottenere
soldi dai wazungu (uomini bianchi) se
li intasca. E noi? Non abbiamo da mangiare.
Non abbiamo scuole. Non abbiamo futuro.
Ci permettono giusto di morire.”
Merci Muigai, ragazza keniota disoccupata

E’ proprio questo che ci limita e ci impedisce di operare con intelligenza in Africa: un senso in colpa eccessivo e fuorviante. Una sensibilità eccessiva per il problema razziale e un senso di colpa per la storia colonialistica ci limitano e ci impediscono di condannare i leader corrotti africani, per paura di essere tacciati di razzismo. Non riusciamo a comprendere che i neri si distinguono, come noi, tra innocenti e colpevoli, e non tutti colpevoli nè tutti innocenti.
Per cui, come in cerca di un’indulgenza del 2000, sfoghiamo i nostri sensi di colpa versando continuamente denaro ai paesi africani, e non importa se alla fine sarà tutto nelle tasche di qualche dittatore e i cittadini continueranno a morire di fame, noi abbiamo la coscienza a posto, nella nostra spicciole teorie economiche.
L’Africa non ha bisognio di aiuti, ha bisogno di istituzioni che conferiscano diritti ai cittadini, la "rivoluzione arancione" avrebbe potuto aver successo in un paese africano? C’è bisogno anche di libertà di informazione e di una magistratura indipendente.

Sei sono le istituzioni cruciali che l’economista George B.N. Ayittey propone (e che vi propongo nelle sue parole):

  • Una banca centrale indipendente: per garantire stabilità monetaria ed economica e per fermare la fuga di capitali dall’Africa. La Banca mondiale, per esempio, farebbe bene ad astenersi dal trattare con paesi africani dove non esiste una banca centrale indipendente. E’ proprio grazie al controllo sulle banche centrali, infatti, che i dittatori corrotti hanno potuto arricchirsi e trasferire i loro patrimoni all’estero.
  • Una magistratura indipendente: essenziale ai fini dello stato di diritto. Potrebbe anche essere presa in considerazione l’ipotesi di una rotazione di giudici su base regionale. Va però segnalato che nel dicembre 2001, Mokhtar Yahyaoui, presidente del Centre de Tunis pour l’Indépendence de la Justice, è stato rimosso dall’incarico di giudice per avere invocato il rispetto del principio costituzionale dell’indipendenza della magistratura.
  • Media liberi e indipendenti: per garantire la libera circolazione delle informazioni. Il primo passo per risolvere un problema sociale consiste nel denunciarlo, e questo spetta a chi lavora nel campo dell’informazione. I media controllati o posseduti dallo Stato non denunciano corruzione, repressioni, violazioni dei diritti umani o altri crimini contro l’umanità: se si tiene la gente all’oscuro, è più facile depredarla e reprimerla. I media non devono essere solo sottratti al controllo del governo, ma dovrebbero essere la prima attività strategica dismessa dallo Stato come condizione per ottenere aiuti dall’estero.
  • Una commissione elettorale indipendente: per evitare situazioni in cui sono i despoti africani a scrivere le regole elettorali, a nominare una cricca di delatori servili come commissari alle elezioni, a sbattere in galera i leader dell’opposizione e a indire elezioni fasulle per conservare il potere.
  • Un’amministrazione statale professionale ed efficiente: con il compito di garantire i servizi sociali essenziali sulla base dei bisogni della popolazione e non dell’etnia o dell’affiliazione politica.
  • La creazione di forze armate e di sicurezza neutrali e professionali. Diamo agli africani queste sei istituzioni e saranno loro a risolvere più dell’80 per cento dei problemi del continente, stimolando il cambiamento dall’interno. Va da sé che le istituzioni suddette non possono essere create dai leader al potere, dato l’evidente conflitto d’interesse. E’ un compito, questo, che spetta alla società civile.

Se l’ONU smettesse di varare "programmi per l’Africa" demagogici e inefficaci, e prendesse in considerazione il problema dei diritti del cittadino africano, forse i risultati come le pacifiche e corrette elezioni in Ghana del 2000 sarebbero raggiungibili.

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