La mentalità dell’abbondanza

Dio disse: «Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e va’ nel paese di Moria, e offrilo là in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò».
Abraamo si alzò la mattina di buon’ora, sellò il suo asino, prese con sé due suoi servi e suo figlio Isacco, spaccò della legna per l’olocausto, poi partì verso il luogo che Dio gli aveva indicato.
Il terzo giorno, Abraamo alzò gli occhi e vide da lontano il luogo. […] Abraamo prese la legna per l’olocausto e la mise addosso a Isacco suo figlio, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme. […] Giunsero al luogo che Dio gli aveva detto. Abraamo costruì l’altare e vi accomodò la legna; legò Isacco suo figlio, e lo mise sull’altare, sopra la legna. Abraamo stese la mano e prese il coltello per scannare suo figlio.

(Genesi 22)

Quante persone uno conosce che non hanno il coraggio di tagliare una relazione in cui non stanno bene, o peggio stanno malissimo, solo perché la solitudine sarebbe una cosa più dolorosa?

La rana si trova bene nell’acqua tiepida, mentre là fuori è freddo. Tanto bene l’acqua è tiepida, tanto meno scotta, tanto più la rana sarà invogliata a rimanere nel bagno, inconsapevole che di lì a poco sarà carne bollita. La mediocrità è una trappola subdola, perché l’uomo è essere infinitamente adattabile. E se l’adattamento è sufficientemente lento, risulta impercettibile.

I meccanismi automatici di protezione dal dolore scattano dalla limitatezza dell’ego umano, che si considera sempre povero e cerca solo di proteggere quello che ha. Una mentalità della scarsità impedisce di prendere rischi (rischi calcolati, beninteso), di perdere un po’ di sicurezza e anche di felicità oggi per conquistare qualcosa di migliore domani. Perché si può fallire. Anzi, si fallirà di sicuro. Per l’ego è meglio andare incontro a una morte certa (l’acqua bollente) che sembra un dolce sonno piuttosto che saltare fuori e provare dolore, insicurezza, solitudine, subito.

La mentalità dell’abbondanza implica invece la comprensione di un concetto che già gli stoici e i buddisti avevano riconosciuto: l’uomo è più delle proprie emozioni, è più anche dei propri pensieri. Il cervello è una stupida massa di carne che ti tenderà una trappola dietro l’altra; sta a te conoscere e amare il tuo nemico. Per Abramo Isacco era tutto. Era la discendenza che Adonai gli aveva promesso. Era il figlio insperato concepito a tardissima età; sarebbe stato impossibile averne un altro. Eppure non ha paura di perdere quello che ha. Si fida che se Adonai vuole togliergli Isacco, sarà per dargli qualcosa di migliore. Crede nelle infinite possibilità che si aprono a chi ha voglia e coraggio di rinunciare a se stesso.

E così facendo, vince.

L’angelo del SIGNORE chiamò dal cielo Abraamo una seconda volta, e disse: «Io giuro per me stesso, dice il SIGNORE, che, siccome tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, l’unico tuo, io ti colmerò di benedizioni e moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; e la tua discendenza s’impadronirà delle città dei suoi nemici.

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