In India e Cina non nascono più femmine, le uccidono prima

Agghiacciante sul Foglio oggi:

 

Prima di Londra e delle proposte in discussione
per scegliere il sesso del nascituro con la fecondazione assistita
come riequilibrio familiare, il figlio maschio si otteneva
(si ottiene ancora) così: una donna urla sdraiata su un
lettino, sta per partorire; la testa del neonato appare, il medico
infila una siringa nella fronte, poi lo tira fuori, morto.
Era una bambina, una femmina in Cina. Succede così alle
stupide, quelle che non risolvono il problema in tempo con
l’aborto selettivo. Un’ecografia e la decisione immediata: liberarsene.
A Bombay, in India, su 8 mila aborti dopo
un’amniocentesi l’Unicef ha stimato che almeno 7.999 riguardano
feti femmina. Perché in India, dove si dice che le
donne sono molto emancipate perché lavorano, fanno l’amore
e possono tranquillamente abortire, queste donne
non valgono nulla. Sono un peso per la famiglia, non hanno
diritto all’eredità e costano in spese per il matrimonio. Meglio
non nascere, perché poi 25 mila all’anno muoiono in
“incidenti di cucina”. Cioè in fondo a un pozzo o bruciate
dai fornelli. Quelle cattive perché senza dote o ancora peggio
perché hanno partorito femmine. Meglio non nascere,
oppure nascere e venire buttate lì sul marciapiede, come
nel sud della Cina, come un piccione schiacciato da una
macchina, e la gente le cammina accanto, non ci fa caso. E’
una femmina. Se abiti in campagna e devi andare in città
per lavorare, abbandonerai tua figlia: “In Cina le lavoratrici
migranti non considerano la bambina una vita umana,
perciò non ritengono che ucciderla sia un omicidio”, ha
detto un ricercatore dell’Accademia delle scienze sociali
di Anhui. Non è vita umana quando piange e muore di fame,
non è nemmeno un pensiero quando non è ancora nata
e bisogna disfarsene, fino alla ventesima settimana in
modo assolutamente legale e discrezionale, poi anche con
la forza. La chiamano “salute riproduttiva”, e in effetti l’Onu
in questi paesi ha offerto aborto e contraccezione come
“primo elemento di emancipazione delle donne” (come
hanno scritto Lucetta Scaraffia ed Eugenia Roccella in
“Contro il cristianesimo. L’Onu e l’Unione europea come
nuova ideologia”, Piemme, 11 euro e 50): abortire donne per
poter essere donne, per sopravvivere.

L’anno scorso, in India, undici milioni. Bambine gettate
via prima che nascessero. Secondo l’Unicef, quaranta milioni
di donne “scomparse”, per aborti, infanticidio, incidenti
di cucina. Emma Bonino denuncia da sempre questi
orrori. Il premier indiano Manmohan Singh ha lanciato un
appello, tre giorni fa, durante una conferenza sul ruolo delle
donne nella vita pubblica: “L’aborto selettivo è un crimine
inaccettabile – ha detto – dobbiamo impedire che si
faccia cattivo uso delle tecnologie mediche più avanzate e
che si aggravi così un fenomeno che ha già raggiunto proporzioni
allarmanti”. Perché a New Delhi c’è una legge già
dal 1994, misure restrittive nei confronti di ginecologi e radiologi
che praticano la determinazione prenatale del sesso,
ma nessuno la osserva, e nelle regioni occidentali nel
solo biennio 1996-1998 si sono registrati dai 51mila ai 62mila
aborti selettivi. Così, ha denunciato il premier indiano,
“l’aborto selettivo sta creando enormi squilibri a livello demografico,
con effetti nocivi per il nostro paese”. Cioè ottocento
donne ogni mille uomini, mentre “la natura – ha detto
il demografo Antonio Golini – fa nascere 105-106 maschi
per ogni femmina. E funziona in questo modo perché nel
corso della vita i maschi vengono eliminati un po’ più precocemente,
così in quarant’anni si arriva a un equilibrio
dei sessi”. In India no, in Cina nemmeno. In Cina poco a poco
muore la spaventosa politica del figlio unico, muoiono
gli aborti forzati al settimo mese e le punizioni anchecorporali
per le madri che non eseguono gli ordini demografici,
ma non muore l’omicidio preventivo delle figlie: già oggi
sono molti di più i maschi delle femmine, e nel giro di un
decennio si prevede che quaranta milioni di uomini resteranno
senza donne. Dicono che allora importeranno fidanzate
e mogli dalla Corea e dal Vietnam. Forse permetteranno
loro di abortire qualche femmina in meno.

 

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