Ayn Rand e i Griffin

Riguardo Ayn Rand e la sua opera più importante, La rivolta di Atlante (1957):

Un tema ricorrente lungo tutto il libro è che la società moderna sta mietendo un raccolto fallimentare di postmodernismo e collettivismo cultural-relativista. La cultura è decaduta così tanto che le persone si sono ridotte agli istinti più bassi, e una paura esistenziale (data dal non avere valori oggettivi su cui formare il proprio codice morale) le fare ritirare all’interno di organizzazione collettiviste e attaccare chiunque aneli alla grandezza inviduale. In un clima del genere le persone glorificano la mediocrità e il fallimento, rovesciando i valori umani di duro lavoro, abilità, e creazione di ricchezza.

Ora nominiamo il cartone animato più popolare tra i teenager (e anche fra i vent’enni). Sono i Griffin. La storia di un obeso e insulso uomo di mezza età, incapace di compiere la benché minima azione sensata. Non nego, anche a me fa ridere parecchio. Ma non sono risate di simpatia. Peter Griffin non mi sta simpatico. A molti, invece, penso sia simpatico. Lo assumono inconsciamente come modello, perché vedono in lui la giustificazione della propria mediocrità, un fratellone con cui condividere fallimenti, esaltare la propria pigrizia e golosità. Lui è la fonte morale da cui scaturiscono gli imperativi che tracciano la strada per eccellere (finalmente eccellere!) nel campo del ritardo mentale.

Alla fine, nel cartone animato, dopo che Peter Griffin ha bruciato la casa o ucciso il suo migliore amico, arriva il Deus ex machina del disegnatore a ripristinare tutto com’era prima non appena inizia la puntata successiva. Nella realtà, lo spettatore dei Griffin invoca il welfare, la scuola, lo stato, qualcun altro purché non sia lui, a porre rimedio alla sua miseria.