Lungo post obbligato sul mondiale

Ultimamente mi occupo meno di calcio. Non riuscirei a dirne bene il perché, forse è che tutto è sempre uguale sotto il sole, e io congiunturalmente mi annoio. Però, visto i recenti eventi (Italia clamorosamente fuori dal mondiale) mi sento in dovere di commentare. Soprattutto perché ho visto la mancanza di commentatori adeguati: Sky la ammiro ma non mi abbono, e in Rai Beppe Dossena è troppo solo.

Onestamente abbiamo fatto peggio di quanto immaginassi. Avevo più fiducia in Lippi e nella sua capacità di fare scelte. Ero convito che avremmo comunque fatto la nostra magra figura.
Invece no.

Sbagliate sono state le convocazioni. Da buon milanista, mi avevano fatto arrabbiare le esclusioni di Borriello e Storari. Il primo ha dimostrato nel corso del campionato di essere una gran prima punta, uno che riesce sempre a prenderla prima del difensore per appoggiarla alle seconde punte. E' un lavoro che Gilardino in una partita e mezza non ha dimostrato di saper fare, e visto che Gila è anche privo di grandi fondamentali tecnici (il dribblig gli è estraneo, il palleggio quasi), non si capisce in cosa sia preferibile a Borriello. Storari poi non è mai stato neanche nominato, nemmeno dai giornali. Eppure negli ultimi 12 mesi è stato il migliore portiere italiano. Basta aver seguito minimamente il campionato oppure semplicemente consultare il sito della Gazzetta e guardare la media voto del campionato: 6.50. Sotto di lui Julio Sergio, Castellazzi, Dida (eh sì), Frey, Abbiati, Sirigu, Viviano, Sorrentino, Rubinho, Curci, Gillet, Andujar, De Sanctis, Buffon, Amelia, Julio Cesar, Marchetti. Insomma abbiamo giocato col 17° portiere del nostro scorso campionato. Non male. In questo campionato del mondo abbiamo incassato cinque gol; metto la mano sul fuoco che Storari due ne avrebbe parati.
Sono stati lasciati a casa anche G. Rossi, fondamentale nella Confs Cup, con la motivazione che aveva giocato poche partite (perché Camoranesi, Iaquinta, Buffon?); Ambrosini (che ammetto poteva non servire), Miccoli e Cassano. Aggiungo che ho visto giocare Antonini molto meglio di quanto abbia fatto Criscito in queste partite. 

Capitolo formazione. Su Quagliarella non c'è altro da dire, se non che era l'unico in palla già in amichevole, e allora si doveva schierare, se è giusto che giochi chi è in forma. Maggio è stato tenuto fuori perché non difende. Ma la difesa ha fatto acqua e allora si poteva anche rischiare. I centrali si sono dimostrati decisamente privi di sincronia, cosa ancor più grave perché hanno giocato insieme tutti l'anno. Errori individuali è stato Cannavaro a commetterli, ma Chiellini si è dimostrato il più in difficoltà. Non sembra quel fenomeno che molti pensavano. Gilardino è stato del tutto inutile, Iaquinta giocando da esterno. Camoranesi sembrava un personaggio in cerca d'autore. Marchisio un pesce fuor d'acqua. L'assenza di Pirlo è stata pesantissima. Con la Slovacchia sembrava l'unico centrocampista consapevole dei propri mezzi. Ci sono volute due partite e mezza per trovare il modulo giusto (4-2-3-1).

Domani questo post continua.

Tempo dei pronostici. Quattro anni fa non ho fatto pronostici. Due anni fa ho azzeccato Spagna (vincitrice) e Russia (rivelazione). Quest'anno dico Brasile. Il Brasile meno brasiliano della storia. Gli Oranje sono fenomeni come sempre, ma non vinceranno mai nulla. La sorpresa? Ho visto un buon Giappone, ma probabilmente verrà dal Sudamerica: Uruguay.

Turiste straniere – parte due

Nonostante sia fine Aprile il caldo è arrivato. Le maniche della mia camicia sono già arrotolate. E’ uscito un album dei Baustelle che terrà caldo il mio iPod per tutta l’estate, immagino. Io sto male. La sinusite mi ha colpito e mi sto ancora riprendendo.
Ma un bel pomeriggio arriva un messeggio su Facebook, e con grande stupore non si tratta di seccatori: quelle due ragazze americane che in quella fredda sera di Febbraio avevamo incontrato sono di nuovo a Venezia, e ci chiedono di incontrarle. Mi strofino un po’ gli occhi. Poi prendo in mano il telefono: il primo da avvisare è il Mose. Il quale chiaramente non dà segni di vita dall’altra parte del filo ideale. Poco male, perché allora si passa alla via più rapida ed economica: aprire World of Warcraft. E’ il bello di avere una sottoscrizione ancora attiva, pur avendo smesso.
Ad ogni modo, nel giro di un’ora ci mettiamo d’accordo sul da farsi: proporremo di mangiare insieme una pizza la sera dopo. Solo Maci tira pacco, affermando di dover lavorare. Ma so per certo che in realtà teme la reazione della sua dolce metà.
Molte questioni ora si accodano all’ingresso della mia mente. E il mal di testa non rende nulla di facile soluzione. Che atteggiamento usare? Il manuale Mystery in pdf è sempre sul mio desktop, aspettando di essere studiato, ma la pigrizia ha contagiato anche questo campo. E’ lì da due mesi, e ne avrò letto metà. Una volta, quando ero un tipo serio, l’avrei finito in una settimana. Quando ero un tipo serio avevo anche lo spray ai feromoni. Mi sarei scritto la scaletta delle battute, preparato gli argomenti della conversazione. Ma non ho voglia, e la sinusite mi assolve.

L’appuntamento è alla otto al ponte di Rialto. Hanno un po’ di difficoltà ad arrivare, da brave signore alle prese con le mappe. Alyx è più carina, e abbronzata, di come me la ricordassi. La bruttona di Walla Walla è invece tale e quale era nella mia memoria. Il nome di Alyx (Alice-Lynx) mi è di gran fascino; sarà in effetti da annotare per il futuro. Mischia la figura della ragazzina predestinata ad essere l’agente della vendetta contro il male e la lince, schiva guardiana dei segreti della natura. Ritornando alla realtà, la nostra destinazione sono le Oche di Lista di Spagna. Facciamo la strada nuova, più animata, e nel tragitto offriamo loro uno spritz. All’Aperol, perchè sono ragazze. Eppure mi era sorto qualche dubbio, dato che non conoscevo le loro abitudini riguardo al bere, ma è vero non ci si può esimere da qualcosa che è tutt’uno con la mia terra. Se non bevi lo spritz, piuttosto butto via il bambino con l’acqua sporca e andiamo tutti a casa.
Entriamo nel locale. Forse sono più avanti di noi nel bere. Forse lo sono diventate dopo sei mesi in Italia. I miei compari ordinano birra. Io penso di seguirli. Alyx si sorprende che non beviamo vino. Accidenti, preferisci il vino alla birra? Questo è un bel carico di punti a tuo favore. Allora cerco di convincerla a prendere del vino insieme, però non ci capiamo e a lei sembra che cambi bevanda per cortesia. Così birra per tutti. In Italia non si vedono ragazze (senza baffi) che bevano birra. Non che sia meglio o peggio.
A me piace quella che gli inglesi chiamo Insight (si potrebbe tradurre con introspezione). Un test di Facebook  (fonte di verità!)  sulle intelligenze di Gadner che si professava “serissimo accuratissimo”, mi ha schiaffato nella categoria degli intrapersonali. D’altronde sono anche un grande appassionato di Poirot. E come diceva quel buon belga, non c’è niente di peggio per un uomo che ha qualcosa da nascondere della conversazione. Ognuno ha l’irresistibile tentazione di mostrarsi (figuriamoci poi se non ha niente da nascondere). Se non fosse questa proprio la prerogativa della lince: non dare via sè stessi. Ma per fortuna Alyx non è nomen-omen.
Così scopro molte cose interessanti: lei viene dal New Mexico, una contrada deserta, di cui molti americani non conoscono neanche l’esistenza. Odia il Texas (perchè è repubblicano fino all’osso, scommetto io senza possibilità di errore), ma le piace la California. Insieme vanno a un’università vicino a Seattle, solo che lei studia Biologia (ed è in Italia a fare cosa? Raccogliere margherite?), mentre Molly quello strano impasto umanistico che ancora non capisco. L’università da loro dev’essere facile. Di contro non concepiscono il fatto di copiare, o imbrogliare agli esami con altri modi. Non lo concepiscono proprio. Fanno una faccia strana quando il Kine racconta come ha pessato un esame due giorni prima grazie alle dispense inserite nell iPod. Ora però capisco anche il mio indimenticato professore di matematica, Nick Garofalo l’americano.
Nel frattempo Kine carbura. E quando arriva al punto giusto c’è solo da godersi lo spettacolo. Con un giro di parole e allusioni che per brevità non riporto, chiede se da loro funzioni come su American Pie. Le ragazze, imbarazzatissime, rosse, prima negano su tutta la linea; poi spiegano che in alcuni stati del sud è così, ma da loro no. Alyx, tu però sei di uno stato del sud, nevvero? Ma tengo la domanda per me. Il pezzo forte arriva quando Molly chiede se conosciamo John Wayne. Certo. E voi – chiede il Kine – conoscete Rocco Siffredi, che è anche lui un attore famoso? Loro si stanno quasi scusando della propria ignoranza, quando riveliamo che è un attore porno. Ma vogliamo confrontare John Wayne con un attore porno? Certo; anzi no, non c’è pagarone, perchè Rocco “has a bigger gun”.
Dopo questo la nostra serata potrebbe anche concludersi, la materia estinguersi e l’universo ridursi a un buco nero, perchè più in alto di così non si può arrivare.
Invece la storia continua, usciamo dalle oche e andiamo verso piazza San Marco. Qui posso sfoggiare il poco materiale preconfezionato che ho. Mischiare la storia di Venezia a quella dei palazzi che si affacciano sulla piazza e sul bacino, ricordi che ripesco dalla gite delle elementari, da tutte le volte che ho ascoltato il Milione di Paolini, da quelle poche pagine che in vita mia ho letto sulla mia città. Le storie del ponte dei sospiri e delle prigioni, le colonne di Todaro e del Leone che erano la porta della città, è tutto buono. Glorifico un po’ anche Nostra Signora indicando la basilica del Longhena e raccontando della peste e del voto che da secoli i veneziani il 21 novembre sciolgono. Gli occhi di Alyx brillano. “Do you have a lot of traditions and festivals?”. E’ una domanda da bambina (cresciuta); perchè la risposta è sì e tu l’hai già capito, solo che vuoi sentirtelo dire, e meravigliarti come se non lo sapessi. “That’s what I like!”. E ora che si è appagato il ventre, perchè vedi di fronte a te una donna andare in brodo di giuggiole, è il turno della testa. Quello che manca all’America è la storia. Ora capisci il mio poeta preferito, T.S. Eliot: “A people without history is not redeemed from time, for history is a pattern of timeless moments”. Ciò che ho mostrato ad Alyx proprio qui ai piedi della colonna di San Todaro, in questa mita sera di Aprile, è il “pattern of timeless moments”. Grazie a questo lei ha potuto astrarsi per un attimo dal tempo, e le sue pupille che luccicano ne sono il segno tangibile.

E mentre le luci calano anche su questa sera, ché non gli Alisei ci sospingono al porto di casa ma l’ignobile trasporto pubblico, penso che in altri tempi avrei citato meglio Eliot o altri poeti per chiudere questo sospeso racconto. Accomodato sui sedili di plastica della circolare notturna, ho sempre la stessa sensazione: una tigre (ma quest’oggi una lince) mi sta divorando. Penserò ancora ad Alyx la prossima volta che dalla fondamenta guarderò l’acqua del bacino di San Marco, guaderò l’impeccabile architettura della basilica della Salute. Ma mi accorgo che, pur avendo qualcosa di diverso, tutto è sempre uguale, non c’è nulla di nuovo sotto il sole. E allora la storia si conclude come era cominciata, davanti a un bicchiere di Whiskey e a un pugno di antiche sentenze ebraiche. Thoughts of a dry brain in a dry season.

Turiste straniere – parte uno

Se non fosse che si può fare qualcosa per cambiare il verso delle cose. Kine, la tua sfrontatezza ha qualcosa di divino. Come puoi ripetere ad alta voce “Milf milf… Do you like milfs?” a tutti i gruppi di turisti in cui ci imbattiamo? Si può, si deve. Così succede che un gruppo di ragazze risponde qualcosa e si mette a ridere.
A questo punto il tempo nella mia mente si ferma. Acumina i sensi, Spuz, e pensa rapidamente. I miei amici continuano a camminare, prendendo qualche metro. Io rimango immobile. Mi giro piano verso le turiste, due di loro stanno ancora ridendo e ripetono “giapponesi”. Giapouneisi. Ora o mai più. “What makes you laugh about giapponesi?”. Ben fatto, situational opener. I miei compari si accorgono presto che ho aperto il set, e vengono in mio aiuto. Ben presto siamo invischiati nella conversazione. Il Mose comincia subito a parlare di Nba e football (Did you watch the superbowl?). Io, complice l’oscurità, complice il vino, mi ritrovo appiccicata la più brutta del gruppo. Alla quale mi dimostro estremamente socievole. E però conquista subito punti: dice di essere di Seattle. Nirvana! – esclamo in un’espressione di gioia. Annuisce. Poi parla di calcio, e lo chiama football (cosa che tradisce una sua permanenza abbastanza lunga in Europa): tifa A.C. Milan, come viene chiamato al di fuori dell’Italia. Tutto ciò è buono ai miei occhi, la tipa sta guadagnando in simpatia. Ti piace Beckham? Chiedo – come era stato suggerito dal demonio in me abituato alla mediocrità, seguendo il semplice sillogismo Beckham-America-Milan. Con grande sorpresa, mi risponde spiacente che il suo giocatore preferito è Massimo Ambrosini. Cosa? Massimo Arsenio Lupin? Lei non lo sa, e probabilmente non lo saprà mai, ma in quel momento avrei potuto sposarla. Chiunque preferisca Ambro sopra Ronaldinho o Beckham ha capito tutto di calcio e probabilmente abbastanza della vita.
Con un agile salto il discorso passa alla politica, dove posso compiacermi del mio spirito conservatore, crogiolarmi nel mio realismo e cinismo, gongolare nella mia superiorità dorata (Orazio mi perdoni). Perchè la nostra brava e intelligente ragazza è naturalmente Democratica ed elettrice di Obama; altrettanto naturalmente delusa dalla sua presidenza. Rido sotto i baffi, perchè vedo passare davanti ai miei occhi come in un film il mito che tutte le sinistre europee hanno costruito per loro, e che ciecamente continuano ad adorare. Mi guarda con occhi sbarrati quando le dico che sono un conservatore (ma prima mi chiede se conservatore vuol dire repubblicano) ma mi piace Obama. Li sbarra ancora di più quando continuo affermando che sarà un buon presidente, perché l’America è un grande paese e ha reso buoni presedenti persone più mediocri di Obama. Tento di spiegarle, senza grande successo, che si è scontrato con la realtà della difesa e della sicurezza nazionale, e non ha potuto fare a meno di riconoscere che la politica da tenere era quella dell’ex-presidente; salvo renderla cool come neanche il demonio saprebbe fare. Mi parla dei suoi studi, che non capisco bene ma devono riguardare qualche strano impasto umastico tipicamente americano. Dei suoi gusti letterari: il suo libro preferito è The Catcher in the Rye e insieme ci commuoviamo sulla fresca salma di Salinger. E Jane Austen. Come tutte le ragazze per bene. Ma ormai siamo già in prossimità di piazzale Roma; mi chiede qualcosa sul ponte di Calatrava e brevemente le spiego la storiella.
Nel lasciarci si premura lei di dirmi di contattarla su Facebook (ahimè). Ora, io che mi dò arie di saper gestire l’inglese, non chiedo che mi scriva il suo nome. Basta sentirlo. Quello che capisco è Bailey Philips, come i televisori più una storpiatura di quella cioccolata calda che spacciano come alcolica. Infatti faccio anche un apprezzamento per il suo nome, e risulta molto sorpresa. Il giorno dopo amaramente avrò capito perché: non si chiama Bailey ma Molly. Ai limiti dell’indecenza. Forse l’unica cosa che può redimere un nome del genere è una cover che i Nirvana hanno fatto di un gruppo scozzese dal titolo Molly’s Lips. Lo stesso però la mia bocca raffinata non riuscirebbe a pronunciare un nome del genere, e un degno sostituto nascerà successivamente dall’ispirazione che sempre mi coglie scrivendo messaggi: la bruttona di Walla Walla. Non mi si faccia torto, che io non passi per un bruto: ricordo che per una manciata di secondi l’avrei anche sposata.
Ci salutiamo con la promessa di risentirci digitalemente, io con l’amaro in bocca di essermi intrattenuto con la meno appetibile del gruppo. Ora ci immergiamo di nuovo nella città silenziosa, per andare al chiuso il più presto possibile, sederci ad un tavolo, e godere delle ultime ombre di rosso che il nostro corpo può sopportare.

Turiste straniere – Parte zero

E’ una pungente serata d’inverno. Abbastanza da indurti a chiuderti volentieri in qualche pub a discutere dei massimi sistemi di fronte al tumbler di whiskey. Eppure è Carnevale, e le calli affollate di Venezia daranno lo stesso calore. Brodskij non sarebbe mai stato d’accordo pur amando l’inverno; ma lui a Venezia ci doveva arrivare dalla Russia e quindi l’investimento era da valutare bene, io ho un quarto d’ora. E poi ne ho ancora di strada da fare per raggiungere il vecchio comunista.
In questa pungente serata quattro ragazzi si apprestano a tuffarsi nella folla (ma, rubando a San Paolo, nella folla ma non della folla), e per affermare l’estraneità il ricorso più semplice è sempre immergersi nell’”arcano mistero del sangue del Signore”, come scriveva qualcuno.
Quattro come siamo potremmo essere l’A-Team, se non ci mancasse il negro. Oppure i Ramones, fossimo tutti cappelloni. Ad ogni modo quattro è il numero che conserva la compatezza nella forza del gruppo. Quattro è il numero del mondo (tre della divinità più il demonio). A cinque già la dispersione comincia a prevalere.
Quella dei quattro scazonti a cui piace fendere a lunghi passi l’aria spessa, in attesa di buttarsi dal prossimo taverniere, potrebbe essere una sera delle solite. Quando i sensi si obnubilano la lingua si scoglie, e i discorsi sui massimi sistemi scivolano una volta in secondo piano. Prospettive sogni ricordi. E poi di nuovo. Rinse and repeat – dicono oltremanica. Al culmine del percorso affiorano foschi pensieri. Si torna a casa con dignità. Ci si addormenta di schianto, e ci si sveglia la mattina dopo nella delusione, perchè omne animal triste post coitum. Quindi la domenica, triste e carente d’equilibrio perchè ancora ubriaco, tocca sorbitri le preoccupazioni di tua nonna sulla gioventù malata d’oggi, e spergiurare che nè tu, nè i tuoi amici, nè gli amici dei tuoi amici appartengono alla categoria. Appena ti sei liberato della vegliarda, ti tuffi per il resto della giornata nel Qohelet, nel libro di Giobbe o in qualsiasi altra cosa offra l’Antico Testamento.