“Poiché non possiamo pensare ad alcun presente senza un relativo futurum exactum, ci possiamo pensare presenti e reali solo se pensiamo a Dio. Se noi oggi siamo qui, noi domani saremo stati qui. Se la realtà esiste, allora il futuro anteriore è inevitabile e con esso il postulato del Dio reale”. – Robert Spaemann

Ovvero, per dare realtà al nostro presente, è necessario che esista un luogo dove si possa dire che il nostro presenta sarà esistito. Questo è Dio. La cosa mi fa terribilmente pensare al fatto che lo scandirsi del tempo, fisicamente, non esiste. Il tempo è simile a un grande fiume ghiacciato, come disse un importante fisico. Solo la limitatezza della velocità di trasmissione delle informazioni (velocità della luce) non ci permette di vedere il fiume ghiacciato dall’interno dell’universo. Ma dall’esterno…

Ho sbagliato ad andare lontano. Ho sbagliato a cercare Dio altrove. A pensare che dovessi in qualche modo trovare una missione. Dovevo rivolgermi in interiorem hominem. La guerra c’è e sarà dentro di me, combattuta a casa mia. Riprenderò in mano le Confessioni di Sant’Agostino.

Fiducia e giudizio
Non sono uno che si sorprende dei comportamenti della gente, non sono uno che si indigna perchè il mondo è cattivo. Non lo sono perchè ho letto il Vangelo, ma probabilmente ero così dalla nascita. Perciò mi sorprendo di coloro i quali si indignano… o, a rigor di logica, non dovrei. Tra i postulati sul mondo e sul genere umano più ignorati, o letti e non compresi, oltre a quelli riporati dagli evangelisti duemila anni fa, ci sono quelli di Eraclito, miracolosamente pervenuti a noi tra tutti i travagli della storia, e ancora più miracolosamente giunti tra le mie mani in un’edizione che apparteneva a mia madre.
Basta aprire Facebook per capire che ci sono cose su cui tutti concordano: i giudizi sul resto dell’umanità. Quante persone false ci sono al mondo, quanti omologati alla massa, quante troie e quanti bastardi. Tutti dicono la stessa cosa e si danno ragione a vicenda, non preoccupandosi dell’impossibile percentuale di consensi ("Di quanti udii parole, mai nessuno si accorse che la sapienza in disparte da tutto si tiene", fr. 108) e ragionando ciascuno per sé (come se si fosse soli al mondo), non riconoscono la contraddizione collettiva, questi "altri" inesistenti di cui si parla ("pur essendo il logos comune, i più vivono con proprio criterio", fr. 2).
Ecco il punto. Amicizie e relazioni sono e saranno sempre transeunti, temporanee, forgiate con passione ma spezzate con molta più sofferenza per coloro che vivono non avendo capito questi assiomi. Non per me. Per me un amico è per sempre; una moglie lo stesso. Quanto dolore provano quelli che dicono “avevo fiducia di lei/lui, ma mi ha tradito, succede sempre così, non mi fiderò più di nessuno”. Hanno giudicato una persona e hanno sbagliato. Dare un giudizio è una cosa seria, sbagliarlo è tragico. La gente giudica in base a cose futili, dà e toglie fiducia in base alle apparenze (o meglio, ai fenomeni); quando sarebbe più prudente non giudicare affatto. “Non giudicare dalle apparenze” è un adagio che suona antiquato rispetto al più brillante wildiano “Solo gli ipocriti non giudicano dalle apparenze”. Non sono tra loro in contraddizione. Tutti siamo portati a giudicare dalle apparenze, ma non tutti abbiamo gli strumenti per farlo. Allora, nel dubbio iperbolico, è meglio vivere sapendo che lo spirito è forte, ma la carne è debole, che noi vediamo la pagliuzza nell’occhio del fratello ma non la trave davanti ai nostr
i.

La legittima difesa, oltre a far innamorare le donne, non è un diritto, ma un dovere:

"Si può giungere ad uccidere per esercitare un dovere: e la legittima difesa è un caso di questo genere. Che poi questo dovere sia poco praticato non meraviglia: perché è certo più frequente che si rinunci all’osservanza di un dovere che all’esercizio di un diritto. Ciò produce una tendenza a cedere alla minaccia e al ricatto. Per evitare un crimine a danni di altri, o anche a proprio danno, non si è più disposti a rischiare. Fonte della legittima difesa non sono dunque i diritti soggettivi che difendo, bensì un principio oggettivo a cui – a differenza di qualsiasi mio diritto – non posso riunziare." – Vittorio Mathieu, Perchè punire. Il collasso della giustizia penale, Macerata, Liberilibri, 2008

I sinistri pensano che i mali dell’umanità siano risolvibili con l’impegno socio-politico, con l’educazione, con il miglioramento delle condizioni economiche, con una maggiore giustizia. Non c’è bisogno di Redenzione perché non c’è nulla da redimere. – Léo Moulin

Ho voglia di studiare. Ho voglia di faticare. Mi sto annoiando a divertirmi, mi sto annoiando a essere pigro. Mi sto annoiando a uscire la sera; mi sto annoiando a bere troppo. Mi sto annoiando a giocare a WoW — e questa sì che è una notizia. Perchè questa non è vita… è immenso tempo sprecato. E tutto ciò rende la vita breve, come mi direbbe Seneca, se fosse qui. Ho bisogno di riprendere le mie doti di concentrazione, che l’uso eccessivo dei computer (ma più che altro, di internet) mi ha tolto. Odio questa civiltà della distrazione, perchè sono particolarmente debole sotto questo aspetto. Natale casca bene. Questo periodo aguzza l’ingegno.

E’ arrivato Dicembre. Come ogni anno, la sopportazione dei capelli lunghi è arrivata a saturazione e me li sono tagliati. La cosa mi ha scosso meno degli altri anni. Forse perchè erano davvero lunghi stavolta; forse più perchè ho scoperto che i capelli corti sono maggiormente destrodivini e piacevano a Pasolini. Mi rincuora il fatto che, al passare di ogni anno, la mia capacità (e pazienza) di gestire i capelli lunghi aumenta. Probabilmente quando sarò ormai stempiato, saprò come si gestisce una folta capigliatura. Certo, perdo tantissimo di stile quando gioco a calcio, e faccio meno paura agli avversi. Da un Ambrosini mi ritrovo trasformato in Abate.
Comunque anche i capelli corti possono essere belli. Ad esempio, puoi udire distintamente le scie di Von Karman che alternativamente si distaccano, quattro-cinque volte al secondo, quando il tuo viso è spolverato dallo zefiro.
E’ arrivato Dicembre. Come ogni anno, è il mese migliore. Sempre pregando che, come ogni anno, ad un certo punto non si azzeri tutto. Che non abbia preso anch’io la sindrome di Carletto. Il che però, a dirla tutta, sarebbe un onore.