Cézanne negli ultimi anni della sua vita ritorna al paesaggio che aveva coccolato nella sua infanzia, quella vallata e quel monte un po’ sbilenco che si inquadravano dalle finestre del paese, quasi a definire la loro naturale predisposizione a essere dipinte. Numerosi sono i paesaggi, ma non hanno nulla a che fare con le serie impressioniste come la cattedrale di Rouen di Monet. Cézanne vuole invece sperimentare e continuare a sperimentare nuovi metodi per rappresentare la prospettiva, la palpabilità dell’aria, lo spazio della vallata, il cielo che recede e che si unisce alla terra. Non si riescono a distinguere le singole case o gli alberi che compongono il paesaggio, ma quello che è rappresentato è già la sensazione visiva, mediata dal nostro cervello. Sul quadro noi non vediamo il paesaggio, ma quello che del paesaggio si stampa nella nostra memoria. E’ la coscienza, la mente rappresentata su tela. Un’anatomia, una vivisezione, persino brutale. Le pezzature di colore da sole non rappresentano nulla, non accennano nessuna figura nè oggetto, e ogni cosa definisce in relazione alle altre. Sono i rapporti tra le pennellate e la loro posizione reciproca che dà senso al quadro. Prese singolarmente, ma anche preso un particolare del quadro avulso dal resto, non avrebbero alcun significato. Cielo e terra poi si compenetrano, quasi che uno fosse lo specchio dell’altro. Tocchi di azzuro tra i campi e di verde nel cielo. E la palpabilità, quasi pesante, dell’aria, che non è difficile sentire se prendiamo un po’ di distanza dal quadro e socchiudiamo gli occhi, come abbagliati dalle prime luci del mattino aprendo gli scuri a questo paesaggio bucolico. E’ il tempo perduto di Paul Cézanne.

Pensavo che quel simpaticone di John Lennon, il grande John Lennon che diceva che avrebbe abbattuto il Cristianesimo, insomma John Lennon (tipo Jane Austen, hai capito), pacifista (ovvero strenuo difensore dello status quo), alla fine è morto sparato. Pensava di sicuro di essere immortale, pensava che dormendo tutti insieme in sacchi a pelo e predicando l’amore tra tutti gli esseri, piante e animali compresi, sarebbe stato un idolo per chiunque. Avesse potuto parlare al suo uccisore, cosa gli avrebbe detto? Ma dai, guarda che ti voglio bene, siamo tutti fratelli, se metti via la pistola ti faccio fare un tiro? Povero, non ha avuto neanche il tempo per intavolare una soluzione diplomatica, che sarebbe stata di sicuro successo.
Ecco, la follia pacifista è questa, che non arrivi mai un giorno qualcuno a spararti.

Forse mi aspettavo di più, anzi senza forse. Era logico, l’ultima volta mi ha lasciato esterrefatto, e anche i più grandi non possono ripetersi all’infinito. I cinquemila metri quadrati d’oro di San Marco imprimono una rotazione della testa verso l’alto non fuggibile, ma io preferivo la più romanica e sanguigna S. Stefano. Il tema di quest’anno: "Passeggeri distratti, prigionieri di una gita senza uscita – canta uno dei vostri idoli". Ho scoperto che l’idolo in questione è Raf. Pensavo di tenermi a memoria il discorso per poi ributtarlo giù, ma sono stato un po’ demoralizzato; i passaggi degni – altrochè degni – ci sono comunque stati. Il peggior nemico dell’uomo è la realtà, diceva Proust (citazione del card. Scola). Ci sono altre citazioni a me più care ma va bene questa. Il giovane attuale cerca di fuggire dalla realtà quando questa pesa: il suo imperativo è "purchè non mi pesi". La scuola, sì ma non deve pesare, non deve essere uno sforzo; la ragazza, sì ma sempre purchè non mi pesi, purchè non comporti sacrificio. L’esempio di Maria è di una ragazza che è rimasta umile – humus, rasente alla terra. In contrapposizione a chi è superbo, che con la realtà ci fa a pugni, guardando tutto dall’alto in basso non riesce ad alzare la testa a quello che sta sopra di lui (alzare la testa e aprire la bocca ai mosaici di San Marco?). Però ha rassicurato, il male non è solo dentro di noi, ha una componente ancestrale, degli angeli decaduti.
Nella secondo parte, in Basilica della Salute, a seguito della lettura di un pezzo dell’ultima enciclica e di un brano di una lettera di San Francesco Saverio, ha spostato il discorso in maniera più efficace contro l’ideologia del materialismo, che crede che l’uomo viva di solo pane. Il materialismo nega l’uomo in quanto uomo. E ha invitato di nuovo a essere umili, ad essere i primi ad amare, incondizionatamente, rifiutando la tentazione di eliminare "quello che ci pesa" dalla nostra vita, perchè quello che pesa è la realtà (e la vita) stessa.
Ad ogni modo, la mia emozione l’ho avuta lo stesso, puntuale ogni anno. Penso sempre di portare la macchina fotografica, ma forse è meglio così, quello spettacolo rimarrà perfetto nella mia memoria. La cupola del Longhena con le sue grandi volute, che illuminate creano un formidabile gioco di ombre, mi aspetta sempre lì, al passaggio del ponte votivo. E con mille lucette che si rispecchiano nelle onde dell’acqua, è uno spettacolo impareggiabile.

Stavi guardando una nonsochè locandina oggi, è forse il giorno di uscita di Punto e Croce Facile? Ad ogni modo, ero con la Jazz fermo al semaforo, e non ti ho suonato sia perchè odio in genere i clacson, sia perchè una vecchietta stava attraversando la strada e volevo finisse presto l’opera. Ho provato ad abbassare un finestrino e alzare i Ramones, ma il tuo udito non è sopraffino fino a questo punto. Comunque, tutto questo per dirti un’idea che mi è venuta struccando il bottone d’accensione del Mac. Ci compriamo in due un masterizzatore di schede magnetiche, hackeriamo la tessera di Alì e ci carichiamo ventimila punti?

Libertà e Necessità
Avevo 14 o forse 15 anni, non abbastanza per pensare al problema come ci penso adesso. Ora, quando si usciva di casa, pomeriggio o sera, era domanda rituale con gli amici il "quanto puoi stare fuori?". E ognuno spiattellava agli altri le concessioni che aveva ottenuto con i suoi genitori grazie alla sua fine diplomazia. Comunque, questi amici rimanevano un po’ allibiti quando il sottoscritto quindicenne rispondeva, come suo solito, con un naturale "Quando voglio!". Forse pensavano che io, ribelle per diletto, tornassi a casa a notte fonda, sprezzante delle grida materne e paterne rivoltemi, aprendomi la strada con la scimitarra? No. Non so se avevo capito io qualcosa di superiore, o se questa cosa di superiore mi era stata insegnata, ma ho sempre fatto quello che volevo, eppure era quello che dovevo fare. Ed è l’unico modo per essere veramente liberi. Libertà e Necessità.