Studentessa universitaria
sfiori la tua pancia
dentro c’è una bella novità
che a primavera nascerà per farti compagnia
la vita non è dentro un libro di filosofia.

Come dice Langone, in questi versi di Cristicchi c’è tutto il nuovo libro di Tom Wolfe. Ma Tom Wolfe è sempre Tom Wolfe.

Sweet joy befall thee
" ‘I grow old… I grow old… I shall wear the bottoms of my trousers rolled.’ What does that mean, Mr. Marlowe?"

"Not a bloody thing. It just sounds good."
He smiled. "That is from the ‘Love Song of J. Alfred Prufrock’. Here’s another one: ‘In the room women come and go/Talking of Michael Angelo’. Does that suggest anything to you, sir?"
"Yeah — it suggests to me that the guy didn’t know very much about women."
"My sentiments exactly, sir. Nonetheless I admire T. S. Eliot very much."
"Did you say, ‘nonetheless’ ?"

The Long Goodbye by Raymond Chandler

Storia di un evoluzionista nato
Il sottoscritto è venuto alla luce il 10 Maggio del 1988, diciassette anni fa. Il sottoscritto ha studiato la teoria dell’evoluzione alle elementari e, nei suoi minimi dettagli, al terzo anno di liceo; l’ha vista in pubblicità e se l’è sentita raccontare da Piero Angela. Non ha mai pensato, neppure da bambino, neppure quando leggevo la Genesi al catechismo, che Dio avesse creato il mondo e l’uomo con uno schiocco di dita. E’ difficile da capire, tu pensi che chi rigetta la teoria dell’evoluzione è qualcuno a cui per un attimo il lume della razionalità si sia offuscato, qualcuno che si rifugia nel subconscio e nella sicurezza della religione, contro il relativismo del mondo moderno. Per me è il contrario, ho la teoria di Darwin nella parte più arcaica del mio cervello, e razionalmente dubitando contro i miei "assunti", ho cominciato la ricerca, di cui il post sotto è il primo frutto. Salvo poi ogni tanto pensare che, no, non è possibile, che se mi è sempre stato insegnato così dev’essere per forza così. E poi riguardando i miei dati che, si, ho proprio ragione io invece. Il problema adesso sta nell’alternativa: cosa ci metto al posto della teoria di Darwin? Ben venga il disegno intelligente, ma solo qualora assumesse dei connotati scientifici; io resto comunque convinto che la soluzione sia una teoria dell’evoluzione, ma non certo quella basata su mutazione e selezione.
Mi sorprende ogni giorno di più invece, la cecità di chi relativizza l’etica e dogmatizza la scienza, alla ricerca forse di una sicurezza di cui non può fare a meno. Giuseppe Sermonti racconta sempre, nei suoi articoli, che i dibattiti sull’evoluzionismo vanno sempre disertati dagli evoluzionisti, che dietro il loro snobbismo di cachemere liquidano tutto dicendo "quella non è scienza", nascondendo l’insicurezza data dalla fragilità della teoria con gli insulti. E non si rendono conto che l’inquisizione la stanno facendo loro.
E così ho affrontato il problema anche dal punto di vista culturale.

CIAO DARWIN


Una teoria (in)scientifica più dogma che altro
Il secondo principio della termodinamica dice che “in un sistema isolato, l’entropia è destinata a non decrescere con il tempo”. E se entropia non è nient’altro che disordine, questo principio allora non è nient’altro che: “camera mia non si rimette a posto da sola”. “Tutto ciò che esiste al mondo è frutto del Caso e della Necessità”, leggiamo da un frammento di Democrito. Ma come hanno potuto allora “Caso e Necessità” (che non hanno mai messo in ordine camera mia), da un’accozzaglia di molecole senza senso creare organismi infinitamente complessi e ordinati come gli esseri umani? La risposta si chiama “Evoluzione Sintetica”, la teoria (in)scientifica più dogmatizzata del ventesimo secolo. No, non avrò la presunzione di portare il dibattito sul piano culturale, Caso e Necessità mi vanno benissimo, la mia vuole essere solo una piccola analisi delle falle (o meglio delle voragini) in Darwin.
Karl Popper pone come fondamento della scienza il principio di falsificazione, ovvero, una teoria non è valida se non è possibile affermarne il contrario. L’evoluzionismo (a dirlo lo stesso Popper) manca di questa possibilità, oltre a mancare di una formulazione convenuta e di leggi articolate. Già nella forma, ha le sue instabilità.
E’ una teoria che, come ci è stato ben insegnato, ha due fondamenti: la “variazione casuale” (o “mutazione”) e la “selezione naturale” di queste variazioni. Ma lo stesso Darwin finì con l’ammettere che, sulla selezione, aveva compiuto “uno dei più grandi sbagli (oversights) nel mio lavoro”. Nel Novecento poi, si è ben appurato che la selezione naturale ha ben poco a che fare con la nascita di nuove specie. E allora, come nascono le nuove specie? Puro e mero Caso, dice Jacques Monod negli anni ’60. E l’uomo? “Il nostro numero è uscito alla roulette”, ripete l’americano a Parigi. Una roulette di dieci alla quarantamila caselle, gli ribattono, nei loro calcoli, Hoyle e Wickramasinghe.
Occorre fare una distinzione, tra adattamento (o microevoluzione) ed evoluzione vera e propria (o macroevoluzione): semplicemente l’adattamento è un perfezionamento delle caratteristiche salienti dei vari generi, l’evoluzione invece è la formazione di nuove classi. La teoria darwiniana funziona benissimo con la microevoluzione: i fringuelli delle Galapagos, l’allevamento selettivo di cani, gatti, piccioni, ecc. Questi però sono soltanto miglioramenti, le cose si fanno più complicate se cerchiamo di capire come abbiano potuto diventare mammiferi i pesci, uomini le scimmie. Darwin ipotizzava un’evoluzione lenta, a piccoli cambiamenti, e contava di trovare tra i fossili tutti gli stadi intermedi che avrebbero testimoniato il passaggio graduale tra le varie classi di viventi. Ma questi anelli intermedi, 150 anni dopo, ancora non si trovano.
Questa evoluzione lenta, ha tempi dilatati in milioni di anni, per questo – si dice – non è possibile avvalorarla con l’esperienza comune. Ma l’evoluzione ha dimostrato di avere tempi sorprendentemente brevi, come 600 milioni d’anni fa, allorché in pochissimo tempo, si formarono, da banalissimi organismi pluricellulari, tutti i phyla delle specie che ancora adesso vediamo. Per questo Stephen Jay Gould, nella seconda metà del Novecento, ha avanzato l’ipotesi di un evoluzione a salti, per grandi cambiamenti. Un’idea che Darwin, a suo tempo, rigettò esplicitamente.
Nei nostri bellissimi libri ci viene fatto l’esempio delle giraffe: quelle col collo più lungo sono state selezionate rispetto a quelle col collo corto. Ma veniamo a scoprire che le giraffe hanno, alla sommità del collo, un tessuto spugnoso per garantire l’afflusso del sangue al cervello, che altrimenti non verrebbe irrorato. Può il Caso aver creato una soluzione al problema dell’irrorazione così intelligente? E in caso affermativo, con quali tempi? Prendiamo la formazione di un organo complesso come l’occhio: possiamo convenire che è impossibile che compaia tutto d’un colpo. Allora si dev’essere per forza evoluto gradualmente: ma sappiamo che un organo o dà un reale vantaggio, o l’individuo che lo porta viene eliminato dalla selezione; allora come la mettiamo con gli stadi in cui quell’occhio non era ancora funzionante? Oppure prendiamo la coagulazione del sangue, per cui sono necessarie parecchie diverse proteine, e la mancanza di una sola di queste ne impedisce il processo. Come è possibile che per un certo tempo (svariate migliaia di anni) alcuni organismi abbiano mantenuto proteine inutili in attesa di quella o di quelle mancanti per la coagulazione?
L’altra componente fondamentale per la teoria è la mutazione (genetica) casuale. Ma, guardando anche alla nostra esperienza sensibile, quando mai le mutazioni casuali danno vita a organismi capaci di sopravvivere meglio degli individui normali? In laboratorio vengono modificati geneticamente insetti vari, ma tutti questi qualora venissero liberati in natura perirebbero subito. Inoltre i recenti studi sul DNA da parte di James Shapiro (genetista dell’università di Chicago) hanno dimostrato l’esistenza di vari livelli di “correzione delle bozze”: insomma se per caso il DNA viene copiato erroneamente durante la duplicazione, intervengono questi livelli che eliminano gli errori. Ovvero il tessuto genetico si difende attivamente dalle mutazioni casuali. Questo però non vuol dire che il DNA non cambi, in realtà lo fa, ma secondo una logica, con una straordinaria intelligenza che lascia perplessi i ricercatori.

Le prove fasulle
C’è un’estrema povertà di argomenti sperimentali pro Darwin, e la maggior parte riguardano quella tesi che Darwin stesso rigettò come errore giovanile. Esempio classico è quello della biston betularia, la falena bianca, di cui, in seguito alla fuliggine delle industrie inglesi che aveva annerito i tronchi delle betulle, è stata selezionata una mutazione di colore nero. Ma la cosa incredibile è che, decenni dopo il “clean air act”, dopo che da tempo i tronchi delle betulle sono tornati bianchi, persiste questa mutazione nera, non sono tornate a predominare le falene bianche! Cosa dovremmo pensare allora, che alla Necessità stavano antipatiche?
Secondo esempio classico è la resistenza agli antibiotici. Si dice che quando si sommistra un antibiotico, non tutti i batteri muoiono, alcuni che casualmente portano un gene resistente, sopravvivono e si riproducono, soppiantando gli altri. Ma tutti i microbiologi sanno che tale resistenza non è dovuta a una mutazione, ma a una infiltrazione di batteri provenienti da un altro ceppo geneticamente resistente a quell’antibiotico. Tanto è vero che se si interrompe la somministrazione dell’antibiotico questi batteri cedono subito, lasciando spazio a quelli precedenti; non ne sono un miglioramento.
Nel 1999, l’accademia di Scienze Naturali di Philadelphia trovò a Liaoning (nel nord della China) la Protoarcheoptryx, un dinosauro con ali e piume, accolto da tutti i biologi come la prova inconfutabile che gli uccelli si erano evoluti dai rettili. Ebbene poco tempo dopo si venne a sapere che quel fossile era un falso, un dinosauro e un uccello sovrapposti, opera dei contadini locali che si adopravano a fare collage fantasiosi per venderli sul mercato nero.
Queste poche prove a favore dell’evoluzione le si ritorcono contro. Sono invece moltissime (e dimostrabili) le lacune che questa teoria non colma. Michel Denton (biologo molecolare) scrive nel 1986 “Evoluzione: una teoria in crisi”, dove illustra le contraddizioni della teoria a livello molecolare. Dice Denton che le proteine sono la base per la costruzione di ogni organismo, e che confrontarne la composizione in individui di specie diverse è senza dubbio un criterio utilissimo nella classificazione, per stabilirne la distanza a livello filogenetico: “Mentre il lavoro proseguiva su questo fronte, divenne chiaro che ogni singola proteina aveva una sequenza leggermente diversa, nelle diverse specie, e che le specie più vicine avevano, tra di loro, delle sequenze più affini. Quando le sequenze  dell’emoglobina di diversi mammiferi, come per esempio l’uomo e il cane, furono messi a confronto, la divergenza sequenziale notata fu del 20% circa, mentre esaminando l’emoglobina di due specie dissimili come quelle dell’uomo e della capra, fu riscontrata una divergenza sequenziale che sia aggira sul 50%”.
La teoria dell’evoluzione ci dice che da organismi semplici, i batteri, si sono evoluti organismi poco più complessi, poi organismi abbastanza complessi, e via via. Quindi l’uomo è, evidentemente, più complesso di un pesce. Allora – ha pensato Denton – si riscontrerà un’evoluzione anche nelle proteine, da proteine semplici a proteine più complesse, passando per stadi intermedi. Sorprendentemente notò che la distanza tra una specifica proteina di un batterio e la rispettiva di un cavallo, di un salmone, del frumento o di qualsiasi altro organismo è la stessa medesima. In altre parole, tutte le classi appaiono separate ed equidistanti: gli anfibi sono equidistanti dai pesci quanto i mammiferi lo sono dai rettili. Denton aveva scoperto che le proteine sono impossibili da inquadrare sotto qualsiasi aspetto evoluzionistico.
Ma altre questioni si pongono irrisolte di fronte all’evoluzione. Un paragrafo del mio libro di biologia è dedicato ai “fossili viventi”, organismi – si dice – che vivono in condizioni estreme (a grandi profondità negli oceani) e che sono immutati da milioni di anni. Ma che storia è mai questa? Caso e Necessità forse non arrivano nelle profondità oceaniche? A questo proposito si può raccontare dei Celanticidi, che, sulla base dei ritrovamenti fossili, furono creduti essere un anello intermedio tra i pesci e gli anfibi; ricostruzioni successive dimostrarono però che avevano caratteristiche sia di anfibio che di pesce. In tempi più recenti, alcuni Celacantidi furono sorprendentemente pescati nell’Oceano Indiano. E si trattava di pesci. Altro caso: il limulus, una specie di granchio corazzato che vive sulle coste dell’Atlantico, cugino degli antichissimi trilobiliti (estinti da milioni di anni), è presente in strati fossili da 300 milioni di anni (ed è sempre uguale). Dovrebbe essere un organismo molto primitivo, ma di recente si è scoperto che i suoi occhi, di notte, aumentano il loro potere visivo di un milione di volte. Non sono affatto semplici, funzionano meglio degli apparati militari per la visione notturna. Come hanno fatto allora questi organismi a raggiungere una grande complessità e il loro adattamento massimo milioni di anni fa?
Ritornando a noi umani, le questioni sono enormi. Perché sono state selezionate le allergie? Sono uno svantaggio enorme, perché non sono state eliminate? La linea evolutiva è continuamente sconvolta da nuove scoperte: l’uomo di Neanderthal, estintosi appena 25 mila anni fa, ha un DNA così diverso dal nostro che le due specie non sono interfeconde. Da poco in Spagna (ad Atapuerca) è stato trovato un fossile umano di 780 mila anni fa incredibilmente simile a noi, tanto che ne è stata creata una specie apposita (Homo antecessor).

Insomma, l’evoluzionismo è una teoria in crisi. W. T. Thompson F. R. S. ha affermato severamente nell’introduzione a una edizione centenaria de “L’Origine delle Specie”: “Questa situazione dove uomini si riuniscono a difesa di una dottrina che non sono capaci di definire scientificamente, e ancor meno di dimostrare con rigore scientifico, è anormale e indesiderabile nella scienza”. E perché, allora, dovremmo credere a questa teoria cristallizzata in dottrina? Quando Alice disse alla Regina di non vedere alcuna utilità nel credere alle cose impossibili, questa le rispose: “Devo dirti che non hai molta esperienza, quando io avevo la tua età, lo facevo per mezz’ora al giorno. E, a volte, ho persino creduto in sei cose impossibili prima di fare colazione”.

On Proporzionale
Passaggio obbligato di questi giorni, ecco il sottoscritto ad esprimere la sua opinione (a dire il vero non così ben definita). A me, personalmente, il bipolarismo italiano non piace. Non mi piace perchè o sei di destra o sei di sinistra o (principio del terzo escluso) non sei nulla, per cui fuori dalle due coalizioni ci sono solo partituncoli la cui consistenza è zero. Poi (come ha spiegato bene luca sofri) c’è il campanilismo, la sindrome da ultras, per cui se per caso Veronesi spende una parola di apprezzamento per Storace, viene accusato di alto tradimento, viene ritirata la sua candidatura a sindaco di Milano e fra un po’ lo mandano alle prossime elezioni comunali di Barcellona Pozzo di Gotto (con tutto il rispetto). E’ così, uno contro l’altro, à la guerre comme à la guerre. Insomma il proporzionale farebbe uscire da questo clima di guelfi e ghibellini, contribuendo alla formazioni di nuovi partiti su modelli esteri (un partito neocon, un partito liberal, esistono in Italia e potrebbero esistere col maggioritario?) e al ricambio delle figure politiche, che, almeno a me, hanno fatto venire l’ulcera allo stomaco (voglio vedere gente nuova, anche se ho solo diciassette anni). Magari anche lo Scalfarotto dottor Ivano avrebbe avuto più possibilità con il proporzionale.
Questo per quanto riguarda il mio apprezzamento al proporzionale. Ci sono però delle cose di cui sarei preoccupato. Col governo di centrodestra e con maggioritario sono arrivate le riforme: la riforma del mercato del lavoro, la riforma delle pensioni, la riforma dell’ordinamento giudiziario, ecc. Sappiamo benissimo che sono le migliori riforme fatte approvare in Europa, dove gli altri paesi non sono riusciti ad avere una maggioranza adeguata (anche questa è la democrazia). Ma queste riforme sono state fatte con un maggioritario, e la Germania, ad esempio, non è riuscita a farle con un proporzionale. Quindi la governabilità è il problema più grande, il rischio di avere tre partiti col 20%, o comunque il partito vincente con meno del 40%, cosa che creerebbe non pochi guai al nostro paese così bisognoso di un governo (qualsiasi esso sia) forte per affrontare la crisi strutturale. La legge in fase di approvazione contiene alcuni accorgimenti volti a prevenire i casi di governo senza maggioranza o giù di lì, spero solo risultino efficaci alla prova dei fatti. Comunque in definitiva, sì, è meglio il proporzionale (la cosa grave è che il capo del governo giustifichi il tutto dicendo dicendo che altrimenti la sua coalizione perderebbe le elezioni, alla faccia del sottoscritto che ci sta qui a pensare seriamente).

Il Credo degli uomini liberi
Non si può arrivare alla prosperità
scoraggiando l’impresa.
Non si può rafforzare il debole
indebolendo il più forte.
Non si può aiutare chi è piccolo
abbattendo chi è grande.
Non si può aiutare il povero
distruggendo il ricco.
Non si possono aumentare le paghe
rovinando i datori di lavoro.
Non si può progredire serenamente
spendendo più del guadagno.
Non si può promuovere la fratellanza umana
predicando l’odio di classe.
Non si può instaurare la sicurezza sociale
adoperando denaro imprestato.
Non si può formare carattere e coraggio
togliendo iniziativa e sicurezza.
Non si può aiutare continuamente
la gente facendo in sua vece quello che potrebbe
e dovrebbe fare da sola.
Abraham Lincoln